Skip to content

Il Monte Nuovo ai Campi Flegrei: ecco perché occorre prudenza non allarmismo

Foto satellitare dei Campi Flegrei con il Monte Nuovo a destra. Foto Google Maps
Foto satellitare dei Campi Flegrei con il Monte Nuovo a destra. Foto Google Maps

L’eruzione del Monte Nuovo rappresenta uno degli eventi vulcanici più documentati e studiati della caldera dei Campi Flegrei. Formatosi in poco più di una settimana tra settembre e ottobre 1538, questo vulcano è l’ultimo nato nell’area flegrea e costituisce un caso di studio straordinario per comprendere i fenomeni vulcanici di questa regione. La sua importanza risiede non solo nell’essere l’evento eruttivo più recente dell’area, ma anche nella ricca documentazione storica che ci permette di ricostruire nel dettaglio le fasi dell’eruzione e i suoi effetti sul territorio circostante.

Campi Flegrei: i fenomeni precursori e l’eruzione del 1538

L’attività sismica nei Campi Flegrei era ben nota fin dall’antichità, ma una serie di terremoti più intensi iniziò a manifestarsi durante il Quattrocento, accompagnati da un progressivo aumento del bradisismo. Dopo il 1511, i terremoti aumentarono di frequenza, culminando nel biennio 1536-1537 quando le scosse divennero avvertibili in tutta la provincia di Napoli, danneggiando seriamente numerosi edifici a Pozzuoli. Nei due giorni precedenti l’eruzione, i terremoti divennero praticamente continui, con circa venti scosse registrate il solo 27 settembre 1538. Un fenomeno particolare, chiamato “disseccamento del mare”, fu osservato circa trenta ore prima dell’eruzione vera e propria. Il fondale marino iniziò a sollevarsi, formando una collina che emerse rapidamente dall’acqua. L’eruzione iniziò ufficialmente il 29 settembre 1538 alle ore 19:00, quando si aprì la prima bocca eruttiva.

Caratteristiche fisiche e geologiche del Monte Nuovo

Il Monte Nuovo si presenta oggi come un cono vulcanico alto 133 metri sul livello del mare, con un diametro alla base di circa 1 km. Il cratere ha un diametro di circa 420 metri e un fondo raggiungibile a 80 metri di profondità. Si trova nel comune di Pozzuoli, nei pressi del Lago Lucrino, e confina a sud con la linea costiera, a ovest e nord-ovest con i laghi Lucrino e Averno. Dal punto di vista geologico, il Monte Nuovo è una delle decine di bocche eruttive della grande caldera dei Campi Flegrei, un sistema vulcanico complesso caratterizzato da fenomeni di bradisismo (sollevamento e abbassamento del suolo). Oggi il vulcano è ricoperto da una folta vegetazione tipica della macchia mediterranea, con pini, ginestre ed erica, e costituisce un’oasi naturalistica aperta al pubblico, pur manifestando ancora attività vulcanica secondaria sotto forma di terremoti e fumarole.

Le fasi dell’eruzione e il suo impatto

L’eruzione del Monte Nuovo si sviluppò in più fasi distinte. La prima fase, iniziata il 29 settembre e proseguita fino alla notte del 30 settembre 1538, fu caratterizzata da piccole colonne eruttive e continue esplosioni freatomagmatiche che generarono correnti piroclastiche. In questa fase si depositò il “membro A”, che costituì gran parte dell’attuale cono vulcanico. Seguì una pausa di circa due giorni, dopo la quale l’attività riprese il 3 ottobre alle 16:00, durando fino alla notte successiva. L’ultima fase eruttiva si verificò il 6 ottobre, quando l’attività esplosiva riprese alle 16:00 e durò qualche ora. Durante questa fase finale, 24 persone persero la vita avvicinandosi imprudentemente al cratere. L’eruzione distrusse completamente il villaggio medievale di Tripergole, modificando permanentemente la morfologia dell’area, inclusa la configurazione costiera e dei laghi circostanti.

Confronto tra i fenomeni del 1538 e la situazione attuale

La sequenza sismica che precedette l’eruzione del 1538 presenta alcune analogie con l’attuale attività dei Campi Flegrei, ma anche importanti differenze. I fenomeni precursori dell’eruzione del Monte Nuovo includevano un intenso sollevamento del suolo, innumerevoli terremoti e il “disseccamento del mare”. L’attuale sciame sismico, pur destando preoccupazione, si sta sviluppando in un contesto molto diverso e sotto il costante monitoraggio dell’Osservatorio Vesuviano, impensabile nel XVI secolo. Un’altra fondamentale differenza riguarda il contesto demografico: mentre nel 1538 l’area era scarsamente popolata, oggi i Campi Flegrei rappresentano una delle zone a più alta densità abitativa d’Europa. È importante sottolineare che le autorità stanno lavorando a piani di evacuazione adeguati, e che la situazione viene monitorata costantemente con strumentazioni all’avanguardia. La maggior densità abitativa, non deve essere ulteriormente incrementata da piani urbanistici che sarebbero scelerati, ma nella prevenzione dell’emergenza può essere da un lato un fattore di ansia ma dall’altro la garanzia di una vigilanza più attenta degli sciami sismici.

Vigilanza e speranza: guardare al futuro con consapevolezza

Sebbene la situazione attuale richieda attenzione e vigilanza costante, è fondamentale affrontarla con consapevolezza scientifica anziché con allarmismo. I moderni sistemi di monitoraggio permettono di rilevare anche le più piccole variazioni nell’attività vulcanica e sismica, consentendo valutazioni più accurate dei rischi potenziali. Le lezioni apprese dall’eruzione del Monte Nuovo hanno contribuito a migliorare la nostra comprensione dei fenomeni vulcanici nei Campi Flegrei. È importante che la popolazione rimanga informata, seguendo le indicazioni delle autorità competenti e partecipando attivamente alle iniziative di prevenzione e preparazione. La storia del Monte Nuovo ci insegna che, pur nella loro potenza distruttiva, i fenomeni naturali sono parte integrante dell’evoluzione del nostro territorio e, con la giusta preparazione, possiamo conviverci in maniera più sicura.

Leggi anche L’Aquila a 15 anni dal terremoto

Articoli correlati

Ancora nessun commento.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui social

ADVERTISMENT

Recent Posts

ADVERTISMENT