Il 2 settembre 1945 rappresenta una data cruciale nella storia mondiale, segnando la fine definitiva della Seconda Guerra Mondiale con la resa incondizionata dell’Impero giapponese. Mentre la guerra in Europa si era già conclusa l’8 maggio 1945 con la capitolazione della Germania, il conflitto nel Pacifico tra Stati Uniti e Giappone proseguì ancora per mesi, fino a quel drammatico settembre che chiuse per sempre il capitolo del conflitto globale.
Il Contesto della Guerra del Pacifico
La guerra nel Pacifico aveva avuto inizio con l’attacco giapponese a Pearl Harbor del 7 dicembre 1941, che aveva trascinato gli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Dopo quasi quattro anni di battaglie sanguinose attraverso il Pacifico – da Guadalcanal a Midway, dalle Filippine a Okinawa – il Giappone si trovava ormai in una posizione insostenibile. I bombardamenti atomici su Hiroshima (6 agosto) e Nagasaki (9 agosto 1945) avevano accelerato la decisione finale dell’imperatore Hirohito di accettare la resa.
L’Armistizio sulla USS Missouri
La cerimonia di resa si svolse nella Baia di Tokyo a bordo della corazzata americana USS Missouri, una nave simbolica che portava il nome dello stato natale del presidente Harry Truman. La scelta del luogo non fu casuale: proprio nella stessa baia, nel 1853, il commodoro americano Matthew Perry aveva forzato l’apertura del Giappone al mondo esterno. La delegazione giapponese era guidata dal ministro degli Esteri Mamoru Shigemitsu e dal generale Yoshijirō Umezu, capo di stato maggiore dell’esercito. Shigemitsu, che camminava con difficoltà a causa di una protesi (aveva perso una gamba in un attentato a Shanghai), si sedette per firmare il documento, mentre il generale Umezu mantenne una postura eretta durante la firma. Dal lato alleato, il generale Douglas MacArthur presiedeva la cerimonia come Comandante Supremo delle Forze Alleate, circondato da rappresentanti di tutte le nazioni vincitrici: Stati Uniti, Regno Unito, Unione Sovietica, Cina, Australia, Canada, Francia, Paesi Bassi e Nuova Zelanda.
L’Umiliazione delle “Forche Caudine” Moderne
Come i Romani alle Forche Caudine nel 321 a.C. furono costretti a passare sotto il giogo dei Sanniti in segno di totale sottomissione, così i delegati giapponesi vissero un’umiliazione simile. Il diplomatico giapponese Toshikazu Kase descrisse così quei momenti: “Un milione di occhi sembravano trafiggerci come milioni di dardi infuocati… Aspettavamo in piedi sotto lo sguardo pubblico, come ragazzi penitenti in attesa del temuto maestro”.
La cerimonia, durata circa 23 minuti e trasmessa in tutto il mondo, rappresentò il culmine simbolico della sconfitta nipponica. L’atmosfera solenne e la presenza di migliaia di marinai americani e giornalisti internazionali amplificarono l’impatto psicologico dell’evento sui rappresentanti giapponesi.
L’Occupazione Americana e la Trasformazione del Giappone
Dopo la resa, il Giappone fu sottoposto a occupazione militare americana dal 1945 al 1952, sotto la guida del generale MacArthur come Comandante Supremo delle Forze Alleate (SCAP). Le parole d’ordine furono demilitarizzazione e democratizzazione: gli Stati Uniti smantellarono l’apparato militare giapponese e imposero una nuova costituzione nel 1947. La nuova Costituzione giapponese, entrata in vigore il 3 maggio 1947, rappresentò una svolta rivoluzionaria. L’Articolo 9, noto come “articolo pacifista”, sanciva la rinuncia del Giappone alla guerra e al mantenimento di forze armate. Questo principio, unico nel panorama costituzionale mondiale, trasformò il Giappone da potenza imperialista in nazione pacifista. Le conseguenze delle esplosioni nucleari si protrassero per decenni. I bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki causarono complessivamente circa 200.000 vittime, molte delle quali morirono per gli effetti delle radiazioni nei mesi e anni successivi. I sopravvissuti, chiamati hibakusha, divennero il simbolo del pacifismo giapponese del dopoguerra. Il 28 aprile 1952 entrò in vigore il Trattato di San Francisco, che restituì al Giappone la piena sovranità e pose fine all’occupazione alleata. Quarantotto nazioni firmarono questo accordo di pace, anche se l’Unione Sovietica, la Cecoslovacchia e la Polonia si rifiutarono di aderire.
L’Alleanza USA-Giappone nella Guerra Fredda
Contestualmente al trattato di pace, fu siglato il Trattato di Sicurezza USA-Giappone del 1951, che trasformò i due ex nemici in alleati strategici. Nel contesto della nascente Guerra Fredda, gli Stati Uniti videro nel Giappone un “baluardo contro il comunismo in Asia” e un deterrente nei confronti dell’Unione Sovietica e della Cina comunista. Il trattato prevedeva il mantenimento di basi militari americane in Giappone, in particolare la base di Futenma a Okinawa, tuttora operativa. Questa alleanza, rinnovata nel 1960, è divenuta il pilastro della sicurezza nell’Asia-Pacifico e continua a essere fondamentale per gli equilibri regionali. Paradossalmente, la sconfitta e l’occupazione americana aprirono la strada al miracolo economico giapponese. La ricostruzione del paese, supportata dagli investimenti americani e orientata verso un’economia pacifica, trasformò il Giappone in una delle principali potenze economiche mondiali. La rinuncia costituzionale alla guerra permise di concentrare le risorse sulla crescita economica piuttosto che sugli armamenti.
L’Eredità dell’Ottantesimo Anniversario
Oggi, a ottant’anni dalla resa giapponese, l’evento del 2 settembre 1945 rimane un momento di riflessione sulla trasformazione delle relazioni internazionali. Il Giappone è passato dall’essere il principale nemico degli Stati Uniti nel Pacifico al loro più stretto alleato nella regione. La costituzione pacifista, pur sottoposta a pressioni per una revisione, ha garantito al paese settant’anni di pace. L’alleanza USA-Giappone, nata dalle ceneri della sconfitta sulla USS Missouri, rappresenta oggi un modello di come anche i conflitti più aspri possano trasformarsi in partnership durature basate su valori democratici condivisi. In un’epoca di crescenti tensioni geopolitiche nell’Asia-Pacifico, l’eredità di quel 2 settembre continua a influenzare gli equilibri regionali e mondiali. La memoria di Hiroshima e Nagasaki, mantenuta viva dai sopravvissuti hibakusha, resta un monito contro l’uso delle armi nucleari. Il Giappone, unica nazione ad aver subito attacchi atomici, è divenuto uno dei più convinti sostenitori del disarmo nucleare globale, trasformando la propria tragedia in un messaggio universale di pace.
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