Il Radar è stato fondato con lo scopo di ricercare e approfondire notizie ma anche per consentire, a chi cerca la verità di poter avere una voce in più e a noi di poter contribuire nel nostro piccolo alla ricerca di quella verità. Se da un lato siamo consapevoli che ci sono apparati dello Stato che devono fare il loro lavoro mantenendo segreti alcuni eventi, dall’altro abbiamo la certezza che la democrazia non potrà realizzarsi senza la verità. Vi proponiamo quindi la ricostruzione storica e, in parte, giudiziaria e giornalistica, della tragedia di Ustica della quale, oggi 27 giugno 2025 ricorre il 45° anniversario. La sera del 27 giugno 1980, alle ore 20.08 con quasi due ore di ritardo, il volo Itavia 870 decollò dall’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna. A bordo del Douglas DC-9 I-TIGI si trovavano 81 persone: 77 passeggeri, tra cui 13 bambini, e 4 membri dell’equipaggio guidati dal comandante Domenico Gatti, 44 anni, laureato in ingegneria con 7430 ore di volo, e dal secondo pilota Enzo Fontana, 32 anni. L’arrivo a Palermo Punta Raisi era previsto per le 21.13. Quello che doveva essere un normale volo di linea si trasformò invece in una delle più grandi tragedie e misteri della storia italiana.
Ustica: La Tragedia in Volo
L’ultimo contatto radio con la torre di controllo di Roma avvenne alle ore 20.59, quando l’aereo si trovava a circa 7000 metri di altezza sul braccio di mare compreso tra le isole di Ponza e di Ustica. Il pilota aveva appena comunicato di trovarsi al punto Alpha dell’aerovia Ambra 13 a 25.000 piedi di altezza. Dopo quel contatto, le comunicazioni si interruppero bruscamente e il DC-9 scomparve dai radar. Non fu lanciato alcun segnale di soccorso. La mattina del 28 giugno, a circa 110 chilometri a nord dell’isola di Ustica, furono avvistati una grossa chiazza di carburante, i primi relitti dell’aereo e i corpi di alcune vittime. L’aereo si era spezzato in volo inabissandosi nel mar Tirreno. Non ci furono sopravvissuti: tutte le 81 persone a bordo persero la vita.
Le Prime Ipotesi e i Depistaggi
Fin dai primi giorni, le autorità proposero la tesi del cedimento strutturale dell’aereo, ma questa spiegazione non convinse. La prima rivendicazione da parte del gruppo neofascista dei NAR si rivelò essere un depistaggio orchestrato dai servizi segreti. Una cappa di silenzio e menzogne scese immediatamente sulla vicenda, alimentando sospetti che sarebbero durati decenni. I depistaggi furono sistematici e coinvolsero vari livelli delle istituzioni: tracciati radar non consegnati alla magistratura, quelli manomessi e stranamente lacunosi, registri con le pagine strappate, tanti “non ricordo”, le morti sospette tra i militari, le veline con cui i servizi militari caldeggiavano la tesi del cedimento strutturale. L’inchiesta giudiziaria vera e propria iniziò nel 1987, quando il giudice istruttore Rosario Priore prese in carico il caso dopo Vittorio Bucarelli. Priore condusse un’indagine titanica che al momento del rinvio a giudizio contava oltre tre milioni di atti. Durante gli anni delle indagini si verificò una inquietante serie di morti sospette tra i militari che avevano informazioni sulla tragedia. Il giudice Priore ne segnalò 12, precisando che “nei casi che restano si dovrà approfondire, giacché appare sufficientemente certo che coloro che sono morti erano a conoscenza di qualcosa che non è stato mai ufficialmente rivelato e da questo peso sono rimasti schiacciati”. Il caso più emblematico fu quello del maresciallo Mario Alberto Dettori, trovato impiccato il 31 marzo 1987 a Grosseto. La polizia scientifica definì il suo suicidio “innaturale”. Nei mesi precedenti aveva confidato: “Sono molto scosso… Qui è successo un casino… Qui vanno tutti in galera! Siamo stati a un passo dalla guerra”. Al capitano Mario Ciancarella aveva detto al telefono: “Siamo stati noi a tirarlo giù, capitano, siamo stati noi… Ho paura, capitano, non posso dirle altro al telefono. Qui ci fanno la pelle”. Altri morti sospetti includevano il tenente colonnello Sandro Marcucci, testimone dell’inchiesta (per incidente aereo il 2 febbraio 1992), e il maresciallo Antonio.
Le Testimonianze e le Prove della Guerra Aerea
Negli anni, emersero testimonianze cruciali che ricostruirono lo scenario di quella tragica sera. Il 26 giugno 1980, alla vigilia del disastro, il pilota Egidio A. testimoniò di aver visto “sopra Ustica un convoglio di cinque o sei navi militari, tra cui una grande che poteva essere una portaerei”. La stessa sera, l’hostess Marina G. riferì che “il secondo ufficiale mi ha chiamato per mostrarmi una portaerei, probabilmente americana, con tante navi attorno”. L’ingegnere Giorgio M., militare imbarcato sull’incrociatore Vittorio Veneto, confermò: “Nella seconda metà di giugno 1980 ho partecipato a un’esercitazione tra le isole Eolie e Ustica. C’erano tante navi: americane, francesi e italiane. C’erano anche una portaerei francese e sicuramente l’americana Saratoga. Era una esercitazione Nato”. Un testimone chiave fu Giovanbattista Sparla, ex militare italiano in forza al comando Shape della Nato vicino a Bruxelles. Secondo la sua testimonianza, “la sera del 27 giugno era in corso un’esercitazione combinata della Nato con aerei americani e francesi” e “il DC-9 è rimasto coinvolto in una battaglia tra aerei americani e libici”.
Le Ipotesi Internazionali e i Rapporti con i Paesi Alleati
Nel 2007, Francesco Cossiga, che era Presidente del Consiglio al momento della strage, dichiarò pubblicamente che il DC-9 era stato “abbattuto dai francesi” con “un missile a risonanza” lanciato da “un aereo della Marina Militare” francese. Secondo Cossiga, “i francesi sapevano che sarebbe passato l’aereo di Gheddafi, che si salvò perché il Sismi lo informò quando lui era appena decollato e decise di tornare indietro”. Nel 2023, Giuliano Amato confermò parzialmente la ricostruzione di Cossiga, sostenendo che “si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico”. Secondo Amato, “Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig finì per colpire il DC-9”. La responsabilità francese è supportata anche dalla testimonianza di un ex addetto militare dell’ambasciata di Francia a Roma, che rivelò di aver ricevuto l’ordine di “dire che il radar di Solenzara era in manutenzione” quando lo Stato maggiore italiano chiese informazioni sui rilevamenti radar di quella notte. Tuttavia, queste rimangono ipotesi, seppur supportate da elementi probatori. Le autorità francesi hanno sempre negato ogni coinvolgimento, affermando di aver “fornito ogni elemento in suo possesso” alle autorità italiane.
L’Inchiesta Ufficiale e i Processi
La Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Libero Gualtieri nel 1990 concluse la prima fase dei lavori riconoscendo che l’ipotesi del cedimento strutturale era infondata. Il giudice Rosario Priore, nella sua sentenza-ordinanza del 1999, stabilì che l’incidente del DC-9 “è avvenuto a seguito di azione militare di intercettamento”, escludendo definitivamente sia la tesi del cedimento strutturale che quella della bomba interna. Il processo penale si concluse però senza condanne definitive. Nel 2007, la Cassazione assolse definitivamente i generali dell’Aeronautica accusati di depistaggio, ma questo non chiuse l’inchiesta per il reato di strage, che non va in prescrizione. Nel 2025, le ultime indagini della Procura di Roma hanno rafforzato l’ipotesi che il DC-9 sia stato abbattuto da un aereo militare della NATO. Tra le prove emerse, un serbatoio esterno di un aereo militare statunitense ritrovato in fondo al mare vicino a Ustica, in mezzo ai resti dell’aereo passeggeri.
Le Conseguenze per la Compagnia Itavia
La tragedia segnò la fine della compagnia aerea Itavia. Il 10 dicembre 1980, sei mesi dopo il disastro, alla compagnia fu imposto di sospendere l’attività di volo. La società, già pesantemente indebitata prima dell’incidente, fu posta in amministrazione straordinaria nel 1981 e successivamente in liquidazione dal 1983. Per decenni, lo Stato italiano negò ogni responsabilità, ma una serie di sentenze civili dal 2011 al 2020 ha condannato i ministeri della Difesa e dei Trasporti a risarcire sia i familiari delle vittime che la compagnia Itavia. Nel 2018, la Cassazione confermò il diritto di Itavia a essere risarcita dallo Stato per un ammontare che potrebbe superare i 265 milioni di euro già stabiliti, riconoscendo che “il lancio di un missile” era “più probabile” come causa del disastro.
Ustica: L’Impegno per la Verità
L’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica, presieduta da Daria Bonfietti dal 1988, ha svolto un ruolo fondamentale nella lotta per la verità. Senza la loro tenacia, come ha riconosciuto il Presidente Mattarella, “ad oggi non sapremmo che su Ustica è stata la difesa della ragion di Stato, sull’altare della quale sono state sacrificate non solo 81 vite innocenti, ma anche il patto di fiducia tra Stato e cittadini”. Nel 2007 è stato inaugurato a Bologna il Museo per la Memoria di Ustica, progettato dall’artista francese Christian Boltanski, che ospita il relitto ricostruito del DC-9. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha costantemente ricordato la tragedia di Ustica nei suoi messaggi annuali. Nel 2022, in occasione del 42° anniversario, dichiarò: “Sono trascorsi 42 anni dal tragico giorno in cui nel cielo di Ustica si compì una strage che recise un numero spaventoso di vite umane e impresse una ferita profonda nella coscienza del Paese”. Nel 2023, per il 43° anniversario, Mattarella sottolineò: “Una completa verità non è stata pienamente raggiunta nelle sedi proprie e questo rappresenta ancora una ferita per la sensibilità dei cittadini”. Nel 2024, per il 44° anniversario, il Presidente ha ribadito: “Nel cielo di Ustica, 44 anni or sono, si compì una strage di dimensioni immani. La Repubblica non si stancherà di continuare a cercare e chiedere collaborazione anche ai Paesi amici per ricomporre pienamente quel che avvenne il 27 giugno 1980”.
La Richiesta di Verità
A 45 anni dalla strage, la verità completa su Ustica rimane ancora celata. Le ultime indagini e le rivelazioni di protagonisti dell’epoca hanno fornito nuovi elementi che confermano l’ipotesi di un abbattimento militare durante una operazione NATO nel Mediterraneo. Tuttavia, nessun paese ha mai assunto ufficialmente la responsabilità dell’accaduto. La strage di Ustica rappresenta una delle pagine più buie della storia italiana del dopoguerra, simbolo di come la ragion di Stato possa prevalere sul diritto alla verità dei cittadini. Le 81 vittime innocenti e i loro familiari meritano finalmente una verità completa, che solo la collaborazione internazionale e la declassificazione di tutti i documenti ancora secretati potrà garantire. Come ha sottolineato il Presidente Mattarella, “la memoria è anche trasmissione, ai più giovani, dei valori di impegno civile che sorreggono la dignità e la forza di una comunità e le consentono di affrontare le circostanze più dolorose e difficili”. La lotta per la verità su Ustica continua, rappresentando un dovere morale verso le vittime e un imperativo democratico per il futuro del Paese.
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