Íñigo López de Loyola nacque nel 1491 nel castello di Loyola, in Gipuzkoa, nei Paesi Baschi spagnoli. Ultimo di tredici figli di una nobile famiglia, era destinato alle armi piuttosto che alla Chiesa. A tredici anni venne inviato alla corte di Juan Velázquez de Cuéllar, tesoriere di Ferdinando il Cattolico, dove si formò secondo i valori cavallereschi dell’epoca. Il destino di Íñigo cambiò radicalmente il 20 maggio 1521, durante l’assedio francese alla fortezza di Pamplona. Una palla di cannone gli sfracellò la gamba destra e ferì la sinistra, costringendolo a una lunga convalescenza nel castello di famiglia. Durante questo periodo cruciale, in mancanza dei romanzi cavallereschi che desiderava leggere, si trovò con due soli libri: la “Vita Christi” di Ludolfo di Sassonia e la “Leggenda Aurea” di Jacopo da Varazze.
Sant’Ignazio di Loyola: La conversione attraverso la lettura e la contemplazione
La conversione di Ignazio, secondo i biografi, si articolò in cinque tappe fondamentali. La lettura delle vite dei santi, offerta dalla cognata Maddalena de Araoz, alimentò le sue riflessioni e la sua preghiera, facendo nascere in lui il desiderio di imitare Cristo e i santi. I sogni di gloria militare lasciarono gradualmente spazio al desiderio di servire eroicamente Cristo. Guarito dalle ferite, Ignazio intraprese un pellegrinaggio che lo condusse prima al santuario di Montserrat, dove fece voto di castità e scambiò le sue ricche vesti con quelle di un mendicante. Successivamente si fermò a Manresa, dove per quasi un anno (1522) visse in una grotta, dedicandosi alla meditazione e componendo le parti più significative dei suoi “Esercizi Spirituali”.
Il pellegrinaggio in Terra Santa e gli studi
Nel 1523 Ignazio raggiunse Gerusalemme, dove sperava di rimanere per convertire gli infedeli. Tuttavia, il superiore dei Francescani glielo impedì, giudicando insufficienti le sue conoscenze teologiche. Questa esperienza lo convinse della necessità di studiare per servire efficacemente la Chiesa. A 33 anni, Ignazio iniziò un lungo percorso di studi: prima a Barcellona (1524-1526) per la grammatica, poi ad Alcalá e Salamanca (1526-1527), e infine a Parigi, dove conseguì il grado di “magister artium” nel 1534. A Parigi incontrò i futuri compagni con cui avrebbe fondato la Compagnia di Gesù.
Sant’Ignazio di Loyola il 31 luglio: ricorrenza di un santo della controriforma
Il 31 luglio di ogni anno la Chiesa cattolica celebra Sant’Ignazio di Loyola. Morto a Roma il 31 luglio 1556, fu canonizzato nel 1622 da papa Gregorio XV. La sua festa cade significativamente nel cuore dell’estate, periodo che molte comunità gesuite dedicano a celebrazioni e riflessioni sulla spiritualità ignaziana. Sant’Ignazio è ricordato come uno dei grandi santi della riforma cattolica del XVI secolo, maestro di spiritualità grazie ai suoi Esercizi Spirituali.
La fondazione della Compagnia di Gesù e l’approvazione pontificia
Nel 1534, a Parigi, Ignazio e sei compagni fecero voto di castità, povertà e pellegrinaggio a Gerusalemme, con l’impegno alternativo di mettersi al servizio del papa. Quando il progetto del pellegrinaggio si rivelò irrealizzabile, nel 1538 i compagni si diressero a Roma per offrire i loro servizi al pontefice.
Il 27 settembre 1540, papa Paolo III promulgò la bolla “Regimini militantis Ecclesiae”, che riconosceva ufficialmente la Compagnia di Gesù come ordine religioso. La bolla inizialmente limitava il numero dei membri a sessanta, restrizione poi rimossa con la successiva bolla “Iniunctum nobis”. I gesuiti si distinguevano per un quarto voto di obbedienza speciale al papa, oltre ai tradizionali tre voti di povertà, castità e obbedienza.
Le reazioni del clero e degli altri ordini
L’approvazione della Compagnia di Gesù non avvenne senza resistenze. Durante il processo di fondazione, Ignazio e i suoi compagni dovettero cercare l’appoggio di molte personalità influenti per intercedere presso il papa. La novità dell’ordine – con la sua struttura centralistica, la rinuncia al coro comune, l’elezione di un superiore generale a vita e la libertà da vincoli territoriali – suscitò perplessità in alcuni ambienti ecclesiastici. Tuttavia, l’ordine nacque in un momento storico favorevole: la Chiesa aveva urgente bisogno di strumenti efficaci per la controriforma. I gesuiti si rivelarono subito preziosi alleati del papato, tanto che papa Paolo III li approvò nonostante le iniziali resistenze.
Le regole e le costituzioni gesuite nel contesto tridentino
Le Costituzioni della Compagnia di Gesù, elaborate da Ignazio con la collaborazione del segretario Juan de Polanco, rappresentavano una novità nel panorama degli ordini religiosi. Strutturate in dieci sezioni, trattavano delle fasi successive di incorporazione nella Compagnia e del suo governo. La spiritualità gesuitica si basava sugli Esercizi Spirituali, un metodo di preghiera e meditazione suddiviso in quattro settimane. Gli Esercizi costituivano “un potentissimo strumento di rigenerazione personale e di discepolato”, che dopo le Sacre Scritture ha più influito sulla spiritualità occidentale. Nel contesto del Concilio di Trento (1545-1563), i gesuiti divennero protagonisti della controriforma. La loro rigida struttura gerarchica, che richiedeva “obbedienza cieca e assoluta ai superiori (perinde ac si cadaver essent, ‘come se fossero dei cadaveri’)”, li rendeva strumenti ideali per combattere il protestantesimo. Furono tra i più ardenti difensori delle riforme decise dal Concilio di Trento e protagonisti della riconquista spirituale di territori passati al protestantesimo, particolarmente in Baviera, Polonia e Boemia.
La soppressione settecentesca e le sue cause
Nel XVIII secolo, la Compagnia di Gesù divenne oggetto di crescenti critiche e ostilità. Diversi fattori contribuirono alla crisi: lo scandalo della bancarotta in Martinica del gesuita Antoine La Vallette, la questione dei “riti cinesi” che compromise le missioni orientali, e la “guerra guaranitica” (1750) nel Paraguay. Le espulsioni iniziarono dal Portogallo (1759), seguite da Spagna e colonie (1767), Regno di Napoli (1767) e Ducato di Parma (1768). Infine, cedendo alle pressioni delle corti borboniche, papa Clemente XIV emanò il 21 luglio 1773 il breve “Dominus ac Redemptor”, che sopprimeva la Compagnia di Gesù. Il breve, diviso in 45 capitoli, non formulava accuse specifiche contro i gesuiti, ma parlava dell’opportunità di sopprimerli per le “perturbazioni” da loro causate nella Chiesa. Al momento della soppressione, l’ordine contava 42 Province con circa 23.000 gesuiti. La Compagnia sopravvisse solo nei territori cattolici della Russia, dove la zarina Caterina II non concesse l’exequatur al decreto papale.
La restaurazione della Compagnia di Gesù e il nuovo ruolo nell’Ottocento
La ricostituzione dell’ordine avvenne il 7 agosto 1814, quando papa Pio VII promulgò la bolla “Sollicitudo omnium ecclesiarum”. Il ristabilimento fu sostenuto dalla comunità gesuitica rimasta in Russia, da settori della Curia romana e da alcuni sovrani italiani. Tuttavia, come osservano gli storici, “quello (ri)nato nel 1814 era un ordine diverso rispetto a quello fondato da Ignazio nel 1540 perché diversa era la società in cui si trovò ad operare”. Il collasso dell’Antico Regime, la diffusione del liberalismo e del costituzionalismo, lo sviluppo del capitalismo posero sfide inedite ai gesuiti della Restaurazione.
I gesuiti nel Novecento e nella Chiesa contemporanea
Il XX secolo vide i gesuiti confrontarsi con nuove sfide: il modernismo, i totalitarismi, il Concilio Vaticano II. Alcuni gesuiti furono protagonisti controversi di questo periodo: George Tyrrell, Pierre Teilhard de Chardin e Karl Rahner furono accusati di aver introdotto errori dottrinali nella Chiesa. La 31ª Congregazione Generale, guidata da Pedro Arrupe, si concentrò sul rinnovamento della vita comunitaria. La 32ª Congregazione Generale (1975) mise l’accento sul legame tra servizio della fede e promozione della giustizia. Le congregazioni successive continuarono il processo di aggiornamento dell’ordine.
Papa Francesco e l’attuale presenza gesuitica
Il 13 marzo 2013 rappresentò una data storica: per la prima volta nella storia della Chiesa, un gesuita venne eletto papa. Jorge Mario Bergoglio, assunto il nome di Francesco I, era stato provinciale dei gesuiti in Argentina dal 1972 al 1979. Papa Francesco ha portato nella Chiesa universale tipici valori della tradizione gesuitica: l’attenzione ai poveri e agli esclusi, il dialogo interreligioso, l’impegno per la giustizia sociale e la cura del creato. Il suo pontificato ha dato nuovo slancio alla Compagnia di Gesù, che oggi conta circa 16.000 membri in oltre 120 paesi. I gesuiti contemporanei operano in diversi settori: educazione, spiritualità, missioni, accompagnamento dei rifugiati, ricerca teologica e scientifica. Dalla fondazione dell’ordine sono cresciuti “dai primi dieci compagni a più di 15.000 gesuiti in tutto il mondo”, continuando a essere “un fuoco che accende altri fuochi” nella missione di riconciliazione tra gli uomini e Dio.
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