A un anno dalla morte di Matilde Lorenzi, avvenuta il 29 ottobre 2024, sul ghiacciaio della Val Senales in Alto Adige, un’altra tragedia, la quarta negli ultimi mesi 11 mesi, ha scosso il mondo dello sci. Lo scorso 14 settembre Matteo Franzoso ha perso la vita durante il suo allenamento sulla pista La Parva, in Cile. Il giovane atleta è caduto mentre affrontava il primo salto del tracciato di allenamento ed è stato sbalzato in avanti verso le reti di protezione, che poi ha oltrepassato sbattendo contro una staccionata. L’incidente gli ha procurato un trauma cranico con conseguente edema cerebrale. Nelle ore successive, il giovane Matteo non ha retto, lasciando un vuoto incolmabile e domande le cui risposte non arriveranno mai. Incidenti simili hanno coinvolto altri due sciatori, Marco Degli Uomini, morto mentre si riscaldava sullo Zoncolan e Margot Simond, morta per una caduta durante un allenamento in Savoia. Tutte morti che si sarebbero potute evitare e che fanno tornare a discutere su un tema importantissimo e allo stesso tempo sottovalutato: la sicurezza in pista. Nel novembre 2024, la Fis – Federazione Italiana Sci – conferma l’introduzione dell’obbligo sull’utilizzo dell’airbag per le gare di velocità. Un obbligo che verrà confermato su richiesta degli atleti questa primavera. Quello che, a quanto pare, si sta sottovalutando nel mondo dello sci è la pericolosità della velocità. Uno sciatore è consapevole, certo, dei rischi di questo sport, eppure oltre al divertimento e all’adrenalina che si prova durante la discesa c’è in ballo la sua vita. La domanda che molti si sono posti dopo gli incidenti che hanno coinvolto gli atleti nel mondo dello sci è sempre la stessa: perché non si applicano per lo sci, stessi limiti e dispositivi di sicurezza che si applicano agli altri sport estremi come ad esempio la motogp? A tal proposito la nostra redazione ha chiesto al racing director della D-air Dainese, Marco Pastore come possiamo evitare o meglio prevenire queste fatalità con l’utilizzo dell’airbag.
“Gli airbag sono dispositivi definiti di protezione intelligente, perché sono dotati di una piattaforma elettronica con dei sensori che riconoscono la dinamica degli sciatori durante gli allenamenti e le gare. L’airbag è stato sviluppato soprattutto per le discipline veloci, come ad esempio il gigante e la discesa libera. La piattaforma elettronica è dotata di sensori che riconoscono eventuali cadute, i quali attivano l’airbag prima del momento dell’impatto con il suolo. Esiste un algoritmo molto sofisticato, studiato e sviluppato dai nostri ingegneri che riconosce le eventuali dinamiche“.
In merito all’introduzione dell’obbligo dell’airbag, perché molti atleti si sono rifiutati di indossare l’airbag?
“A novembre è stato reso obbligatorio ma dopo che alcuni atleti si sono lamentati e hanno chiesto una deroga, la Fis l’ha concessa. Dopo dieci anni di progetto, non è possibile stare ancora qui a discutere sull’obbligatorietà dell’airbag solo perché alcuni atleti sono contrari. Dopo gli ultimi incidenti, questa primavera la Fis ha deliberato l’obbligatorietà e tutti gli atleti dovranno indossarlo in gara.”
Lei ritiene opportuno far indossare l’airbag anche durante gli allenamenti?
È una protezione che non dà fastidio, sviluppata dopo uno studio molto intenso, per renderlo protettivo e non danneggiare l’atleta. Garantisce la libertà di movimento e ogni atleta dovrebbe indossarlo anche in allenamento. Gli atleti più restii faranno fatica a indossarlo, ma con l’obbligatorietà verrà naturale farlo quotidianamente. Purtroppo queste tristi tragedie, succedono non solo nelle gare ma anche negli allenamenti. Io ho fatto l’atleta di sci e so perfettamente come funziona. Ci sono molti aspetti da considerare, purtroppo solo quando capita la tragedia, si inizia a pensare di valutare cose che prima non venivano prese in considerazione. La stessa federazione internazionale, sta valutando le possibili misure, che però devono essere studiate a 360 gradi, perché oltre all’airbag ci sono altri elementi come i materiali che usano gli atleti: gli sci, gli scarponi, le piastre, gli attacchi che sono molto più aggressivi di quelli di una volta, rendendo l’attività in pista più estrema. Infine, ci sono le piste, perché oggi gli atleti si allenano su piste quasi sempre ghiacciate, dove le velocità aumentano e come le cadute anche inaspettate. A quel punto bisogna capire quali sono le vie di fuga, quali protezioni ci sono a bordo pista, se ci sono le reti o staccionate. È giunto il momento di fare una valutazione seria su tutto. Noi nel nostro settore, siamo molto sensibili al tema sicurezza e diamo il nostro meglio. Stiamo progettando nuovi dispositivi che sono in fase di sviluppo per dare maggiore stabilità e protezione.
La D-air nasce come azienda per progettare airbag per la MotoGp
“L’idea iniziale è nata da Lino Dainese il fondatore dell’azienda. A fine degli anni 90’ ebbe l’idea di proteggere il corpo umano con l’aria. L’esordio dell’airbag è stato inserito nella MotoGp e da lì poi ci siamo dedicati al mondo dello sci”.
Mentre i motociclisti indossano l’airbag quotidianamente, gli sciatori no. Quale potrebbe essere il motivo della loro paura?
“È un discorso culturale. Nello sci ci stiamo arrivando adesso, i motociclisti hanno avuto un percorso più lungo quindi si sono abituati ad indossarlo. Sono fiducioso che anche gli sciatori, che vogliono sciare in sicurezza possano adattarsi tranquillamente. Adesso stiamo lavorando sui dettagli che possano tranquillizzare gli atleti riguardo le performance, con una protezione in più che non deve limitarli né a livello di confort, né cronometrico. Siamo riusciti a sviluppare un sistema neutro e gli atleti non sono penalizzati anzi possono sciare più protetti”.
Proprio a proposito della sicurezza in pista, la nostra redazione ha scritto un articolo nel quale, per l’alta velocità paragonava lo sci alla Formula 1. Dopo il giro di vite che ha reso praticamente sicura la Formula 1, perché non si applicano gli stessi principi anche allo sci e agli altri sport pericolosi a causa della velocità?
“Penso e spero che da adesso in poi partano una serie di tavoli di lavoro con gli esperti del settore e che si arrivi, pian piano, a incrementare più standard di sicurezza che migliorino questa situazione. È chiaro che parliamo di Formula 1, che è uno sport molto pericoloso, come lo è anche lo sci, questo lo sappiamo noi, lo sanno gli atleti che lo praticano, però è dovere di chi organizza e di chi gestisce fare qualcosa in merito per renderlo più sicuro”.
Perché secondo lei la paura di perdere un decimo di secondo, batte la paura di morire?
“Bella domanda. Gli atleti, quelli di altissimo livello, che sciano in discipline veloci, devono avere un approccio alla disciplina sportiva limitando al massimo la paura. Questo li porta a pensare escludendo, a volte, quello che potrebbe succedere. Altrimenti difficilmente un atleta, si lancia in discese libere da brivido. Devono essere concentrati e scendono per vincere. Spesso questo comportamento, significa mettere da parte ogni pensiero legato alla sicurezza. Vestono ciò che sono abituati a vestire e tutto ciò che è novità e che può rubargli un decimo di secondo lo considerano superfluo. Piano piano verrà assimilata l’idea in base alla quale, purtroppo o per fortuna, per determinare i cambiamenti servono delle regole. Finalmente siamo arrivati a un regolamento che parla chiaro”.
Dal punto di vista commerciale, come avviene il rapporto lavorativo con la vostra azienda?
“Al momento l’airbag per lo sci di D-air Dainese è sviluppato solo su taglie da adulto ed è destinato ad atleti che praticano le discipline veloci e per quel tipo di disciplina. Lo sciatore amante della montagna e i ragazzi dello sci club possono indossare i dispositivi base come il casco, il paraschiena che trovano in qualsiasi negozio. Cosa importante è scegliere un buon prodotto per garantire una maggiore sicurezza”.
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