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La Solennità del Corpus Domini: Origini, Teologia e Storia

La Festività del Corpus Domini
La Festività del Corpus Domini

La Solennità del Corpus Domini, ufficialmente conosciuta come “Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo” è una delle festività più significative e teologicamente profonde dell’anno liturgico della Chiesa cattolica. Questa ricorrenza, pur rievocando la liturgia della Messa nella Cena del Signore del Giovedì Santo, si distingue per un focus specifico sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, intesa sia come sacramento che come oggetto di adorazione. La sua istituzione è stata un atto di precetto, mirato ad affermare la divinità di Gesù e la sua presenza viva e autentica nell’ostia consacrata, con l’intento di ravvivare la fede dei fedeli e di espiare i peccati commessi contro il Santissimo Sacramento.

La distinzione tra il Giovedì Santo e il Corpus Domini rivela uno sviluppo liturgico e teologico di grande importanza. Mentre il Giovedì Santo si concentra sull’istituzione dell’Eucaristia nel contesto della Passione e del sacrificio di Cristo, il Corpus Domini sposta deliberatamente l’enfasi sull’adorazione e sull’affermazione della presenza reale di Cristo nelle specie consacrate, anche al di fuori della celebrazione liturgica immediata. Questa separazione ha permesso una venerazione più mirata e pubblica del Sacramento, divenendo particolarmente rilevante per affrontare le sfide teologiche e le controversie emerse nel corso della storia riguardo alla natura della presenza di Cristo. Tale evoluzione suggerisce un’accentuazione devozionale e apologetica sulla presenza duratura dell’Eucaristia.

Le Origini Storiche e l’Istituzione della Festa

La solennità del Corpus Domini ebbe origine nel 1247 nella diocesi di Liegi, in Belgio. La sua istituzione fu una risposta diretta alle tesi di Berengario di Tours (XI secolo), il quale sosteneva che la presenza di Cristo nell’Eucaristia fosse meramente simbolica e non reale. L’introduzione di questa festività è attribuita principalmente a suor Giuliana di Cornillon, una monaca agostiniana del XIII secolo. Si narra che Giuliana ebbe una visione della Chiesa come una luna piena con una macchia scura al centro, interpretata come la mancanza di una festività specifica per il Santissimo Sacramento. Successivamente, nel 1208, le sarebbe apparso Cristo stesso, chiedendole di adoperarsi per l’istituzione di questa solennità al fine di ravvivare la fede dei fedeli e di espiare i sacrilegi contro l’Eucaristia. Dal 1222, divenuta priora del convento di Mont Cornillon, Giuliana insistette con determinazione per l’istituzione della festa, rivolgendo le sue richieste in particolar modo al vescovo di Liegi, Roberto de Thourotte.2 Grazie alla sua iniziativa, Roberto de Thourotte convocò un concilio nel 1246 e ordinò la celebrazione del Corpus Domini a partire dall’anno successivo nella sua diocesi, poiché all’epoca i vescovi avevano la facoltà di istituire festività locali.

Un evento cruciale che diede un impulso decisivo all’estensione universale della festa fu il miracolo eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1263. Un sacerdote boemo, Pietro da Praga, assalito da dubbi sulla presenza eucaristica in un secolo di controversie teologiche, si fermò a celebrare la Messa nella chiesa di S. Cristina in Bolsena. Durante la consacrazione, l’ostia iniziò a sanguinare, macchiando il corporale. Questo evento prodigioso, interpretato come una conferma della reale presenza di Cristo nell’Eucaristia, fu immediatamente riferito a Papa Urbano IV, che si trovava a Orvieto, e fu riconosciuto dalla Chiesa. L’episodio venne immortalato da Raffaello Sanzio in un celebre affresco nelle Stanze Vaticane.

L’Istituzione della Festa del Corpus Domini: il. ruolo di papa Urbano IV

La Festività del Corpus Domini
La Festività del Corpus Domini

Alcuni anni dopo la morte di suor Giuliana e del vescovo Roberto de Thourotte, e a seguito del riconoscimento del miracolo eucaristico di Bolsena, Papa Urbano IV, che aveva già contribuito alla prima festa del Corpus Domini in Belgio, promulgò l’11 agosto 1264 la bolla Transiturus de hoc mundo da Orvieto. Con questa bolla, istituì la solennità del Corpus Domini come festa di precetto e la estese alla Chiesa universale, fissandola al giovedì dopo l’ottava di Pentecoste. Successivamente, Niccolò IV fece edificare il Duomo di Orvieto nel 1290 proprio per custodire il corporale del miracolo.

Questa dinamica, che vede i dubbi teologici e i miracoli fungere da catalizzatori per l’istituzione di una festa universale, dimostra come le sfide dottrinali possano, in modo controintuitivo, stimolare e formalizzare nuove pratiche liturgiche. La Chiesa, anziché limitarsi a sopprimere le visioni dissenzienti, ha risposto elevando e formalizzando una contro-affermazione attraverso una nuova festività liturgica universale. Il miracolo ha fornito una convalida potente e tangibile che ha risuonato oltre gli argomenti teologici astratti, offrendo il “segno divino” necessario per accelerare il processo di promulgazione universale da parte della massima autorità ecclesiastica. Ciò evidenzia come specifici eventi storici e percepite interventi divini possano modellare significativamente gli sviluppi dottrinali e liturgici, trasformando una devozione locale in una celebrazione universale.

I Presupposti Teologici: La Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia

La solennità del Corpus Domini celebra il dogma della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia, che afferma che il pane e il vino consacrati divengono realmente il corpo e il sangue di Gesù Cristo crocifisso e risorto. Le Chiese che professano questo dogma asseriscono che tale presenza persiste anche dopo la conclusione della celebrazione eucaristica. Questa dottrina è affermata fin dalla prima età apostolica, come attestano scritti di figure quali Didaché, Ignazio di Antiochia, Ireneo di Lione e Giustino, e fu ribadita dal Concilio di Nicea I.

La Chiesa cattolica spiega questa trasformazione attraverso la dottrina della transustanziazione. Questo concetto, il cui termine fu utilizzato per la prima volta da Rolando Bandinelli (futuro papa Alessandro III) e successivamente ripreso e delineato con precisione da Tommaso d’Aquino, divenne dogma nel Concilio Lateranense IV (1215) e fu riaffermato con forza dal Concilio di Trento. La transustanziazione sostiene che la sostanza del pane e del vino si converte nella sostanza del Corpo e Sangue di Cristo, pur mantenendo le “caratteristiche sensibili” o “specie eucaristiche” (le apparenze) inalterate. Essa costituisce un’interpretazione specifica del dogma della presenza reale, caratteristica della cristianità occidentale.

La festa sottolinea l’Eucaristia non solo come presenza da adorare, ma anche come “remedio di immortalità e pegno di risurrezione” e come “cibo, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto”. È descritta come un “miracolo d’amore” in cui Gesù si offre come alimento. La piena partecipazione all’Eucaristia non può prescindere dalla comunione al corpo di Cristo; la Chiesa invita i cristiani a partecipare alla Messa ogni domenica e ad accostarsi alla comunione sacramentale almeno a Pasqua.

La teologia contemporanea

Riflessioni teologiche moderne, come quelle di Rouillé d’Orfeuil e Joseph Ratzinger, esplorano la presenza eucaristica come non locale, priva di materialità e localizzazione, credibile solo a partire dalla fede nella risurrezione di Cristo. La presenza sacramentale si connette a un’assenza fisica, rivelando che le categorie di presenza e assenza, solitamente percepite come contraddittorie, in realtà non si oppongono così nettamente nell’Eucaristia. Essa inaugura uno “stato spirituale enigmatico e nuovo”. L’Eucaristia è, in effetti, un profondo mistero di fede e d’amore.

Questa progressione nella comprensione teologica della presenza reale, da una semplice affermazione contro Berengario a una dettagliata spiegazione filosofica come la transustanziazione, e poi a una più sfumata comprensione fenomenologica del paradosso presenza/assenza, rivela il continuo sforzo intellettuale all’interno della teologia cristiana. Questo processo mira a conciliare la fede con la ragione e ad articolare un mistero ineffabile. L’evoluzione dimostra come il discorso teologico si adatti a nuovi paradigmi filosofici e a interrogativi interni, superando una posizione puramente apologetica per giungere a un’esplorazione più profonda della realtà multiforme del sacramento.

Papi e Figure Storiche Coinvolte

L’istituzione e lo sviluppo della solennità del Corpus Domini hanno visto il coinvolgimento di numerose figure chiave:

  • Santa Giuliana di Cornillon (c. 1193-1258): Monaca agostiniana di Liegi, fu la principale promotrice dell’istituzione della festa del Santissimo Sacramento, spinta da visioni e da una profonda devozione eucaristica. Le sue insistenti richieste furono il catalizzatore per l’istituzione diocesana della festa.
  • Roberto de Thourotte (Vescovo di Liegi): Ascoltò le istanze di Giuliana e nel 1246 convocò un concilio per istituire la festività nella sua diocesi, ordinandone la celebrazione dal 1247.
  • Pietro da Praga (Sacerdote): Protagonista del Miracolo di Bolsena nel 1263. I suoi dubbi sulla presenza reale furono risolti dal prodigio dell’ostia sanguinante, evento che ebbe un impatto diretto sull’istituzione universale della festa da parte del Papa.
  • Papa Urbano IV (Jacques Pantaléon, pontificato 1261-1264): Precedentemente arcidiacono di Liegi e quindi già a conoscenza delle richieste di Giuliana, riconobbe il miracolo di Bolsena. L’11 agosto 1264, promulgò la bolla Transiturus de hoc mundo da Orvieto, estendendo la solennità del Corpus Domini a tutta la Chiesa universale e fissandola come festa di precetto.
  • San Tommaso d’Aquino (c. 1225-1274): Fu incaricato da Papa Urbano IV di comporre l’officio della solennità e della messa del Corpus et Sanguis Domini. Risiedeva a Orvieto nello stesso periodo del pontefice (1261-1264), presso il convento di San Domenico. A lui si devono inni eucaristici fondamentali che arricchirono la liturgia della festa con una profonda teologia, tra cui il Pange Lingua (con il Tantum Ergo), il Sacris Solemniis (con il Panis Angelicus) e la sequenza Lauda Sion Salvatorem. La tradizione vuole che, per la profondità e completezza dell’officio, Gesù stesso gli abbia detto, attraverso un crocifisso, “Bene scripsisti de me, Thoma”.
  • Niccolò IV (pontificato 1288-1292): Fece edificare il Duomo di Orvieto nel 1290 proprio per custodire il corporale del miracolo di Bolsena.
  • Raffaello Sanzio (1483-1520): Celebre artista che immortalò il Miracolo di Bolsena in un affresco nella Stanza di Eliodoro delle Stanze Vaticane.
  • Concilio di Trento (1545-1563): Sebbene non una persona, questo concilio fu un evento storico cruciale che riaffermò con forza il dogma della Presenza Reale e della Transustanziazione in risposta alle sfide protestanti. Introdusse la scomunica per chi negasse il dogma e promosse il tabernacolo come centro della vita liturgica, nel contesto della Controriforma.

L’istituzione del Corpus Domini non fu un atto isolato, ma piuttosto una confluenza di fattori distinti. Le visioni mistiche di Giuliana fornirono l’impulso spirituale iniziale e la domanda popolare. Il miracolo di Bolsena offrì un segno divino concreto e verificabile (per l’epoca), conferendo credibilità e urgenza. Il genio teologico di San Tommaso d’Aquino fornì il rigore intellettuale e la struttura liturgica, traducendo il dogma in inni accessibili e profondi. Infine, l’autorità suprema di Papa Urbano IV fu essenziale per la promulgazione universale, trasformando una devozione locale in una festa obbligatoria per tutta la Chiesa. Questa complessa storia d’origine illustra come la Chiesa cattolica spesso integri diverse forme di conoscenza e autorità – esperienza mistica, osservazione empirica (dei miracoli), rigore intellettuale (teologia scolastica) e governo gerarchico – per definire, promuovere e consolidare le sue dottrine e pratiche. Ciò dimostra un sistema sofisticato in cui l’ispirazione spirituale trova espressione attraverso l’articolazione teologica e viene poi formalizzata dal potere istituzionale, dando vita a una tradizione robusta e duratura che risponde sia alle esigenze spirituali che alle sfide dottrinali.

Il Calcolo della Data del Corpus Domini

Il Corpus Domini è una festa mobile, il che significa che la sua data varia di anno in anno, essendo intrinsecamente legata alla data della Pasqua. Tradizionalmente, la solennità si celebra il giovedì successivo alla solennità della Santissima Trinità. La Santissima Trinità cade l’ottava domenica dopo Pasqua (ovvero il 56º giorno dopo Pasqua). Di conseguenza, il Corpus Domini, nel suo giorno proprio, cade il 60º giorno dopo Pasqua.

In Italia e in altri Paesi dove il giovedì non è un giorno festivo civile, la solennità è stata trasferita alla seconda domenica dopo Pentecoste, ovvero la nona domenica dopo Pasqua (il 63º giorno dopo Pasqua), a partire dal 1977. È interessante notare che nel rito ambrosiano (diocesi di Milano), la celebrazione è tornata al giovedì dal 2009.

Questa variazione nella data di celebrazione del Corpus Domini in Italia, con il trasferimento dal giovedì alla domenica e il successivo ritorno al giovedì nel rito ambrosiano, evidenzia una tensione ricorrente nella pratica liturgica. Si tratta di un equilibrio tra il mantenimento della tradizione storica e teologica (l’istituzione originale al giovedì, legata alla Missa in Cena Domini) e l’adattamento alle realtà sociali contemporanee e alle esigenze pastorali (massimizzare la partecipazione dei fedeli spostandola a una domenica). La scelta di spostare la festa alla domenica privilegia l’accessibilità e il coinvolgimento della congregazione rispetto alla stretta aderenza al giorno storico dell’istituzione. Al contrario, la decisione del rito ambrosiano di tornare al giovedì suggerisce un forte valore attribuito alla conservazione della distintività liturgica e forse una diversa valutazione dell’efficacia pastorale o dell’enfasi teologica. Ciò illustra la natura dinamica e spesso pragmatica del diritto liturgico e la sua capacità di rispondere sia ai principi teologici che alle considerazioni pratiche della vita dei fedeli.

Le Dispute Teologiche e le Controversie Storiche sull’Eucaristia

La storia dell’Eucaristia è costellata di significative dispute teologiche. Una delle prime e più rilevanti riguardò Berengario di Tours (XI secolo), il quale sosteneva che la presenza di Cristo nell’Eucaristia non fosse reale, ma solo simbolica o figurativa. Questa posizione, che negava la transustanziazione, fu vigorosamente contestata dalla Chiesa, e Berengario fu costretto a sottoscrivere la fede nella conversione reale del pane e del vino nel vero Corpo e Sangue di Cristo. La solennità del Corpus Domini, come già menzionato, nacque in parte come reazione apologetica a queste tesi.

La formulazione dottrinale della transustanziazione, precisata da Lanfranco e ripresa nel XIII secolo da Tommaso d’Aquino, divenne dogma della fede nel Concilio Lateranense IV (1215) e fu poi riaffermata con forza più di tre secoli dopo dal Concilio di Trento.

Martin Lutero, consustanziazione e transustanziazione

La Riforma Protestante (XVI secolo) portò a nuove e significative controversie sulla natura dell’Eucaristia, con diverse interpretazioni che si discostavano dalla dottrina cattolica della transustanziazione:

  • Martin Lutero era favorevole alla consustanziazione, dottrina secondo cui il corpo e il sangue di Cristo sono presenti con il pane e il vino, senza che questi ultimi perdano la loro sostanza.
  • Ulrico Zwingli sosteneva un significato puramente spirituale e simbolico del pane e del vino, vedendo l’Eucaristia principalmente come una commemorazione della Cena del Signore.
  • Giovanni Calvino propose una presenza spirituale e una “partecipazione reale” al corpo di Cristo, ma negava il carattere sacrificale della messa, dando origine a numerose dispute.

In risposta alle sfide teologiche sollevate dalla Riforma Protestante, il Concilio di Trento (1545-1563) riaffermò con forza il dogma della Presenza Reale e della Transustanziazione.I “Canoni sul SS. Sacramento dell’Eucaristia” introdussero la scomunica per chi negasse il dogma. Il Concilio concentrò le sue energie nel rilancio dell’Eucaristia come vera presenza reale di Cristo, e le chiese vennero concepite in modo che fosse chiaro che il centro della vita liturgica e religiosa dei fedeli fosse il Tabernacolo.

La processione del Corpus Domini, simbolo della fede cattolica nella presenza reale, fu oggetto di ostilità e provocazioni, in particolare da parte degli Ugonotti in Francia tra il 1540 e il 1600, che negavano la transustanziazione. Questi atti includevano attacchi all’ostia o dimostrazioni di diversità religiosa, come non esporre le tovaglie alle finestre o lavorare ostentatamente durante la processione. Fino alla metà del Seicento, in alcune zone della Francia, la processione fu quindi accompagnata da massicci schieramenti di forza pubblica, e i fedeli erano spesso armati e pronti a difendere l’ostia da eventuali profanazioni.

Questi eventi dimostrano che l’Eucaristia, sebbene intesa come sacramento di unità e comunione (“Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo”), è diventata paradossalmente il punto più significativo di contesa e divisione all’interno del cristianesimo. Le diverse interpretazioni della presenza di Cristo riflettono differenze fondamentali nell’ecclesiologia (la natura della Chiesa), nella soteriologia (la dottrina della salvezza) e nella natura stessa dei riti sacri. Il contesto storico delle processioni armate in Francia contro l’opposizione ugonotta sottolinea come queste profonde divergenze teologiche abbiano permeato la vita sociale, trasformando una processione religiosa in un potenziale punto di conflitto e evidenziando le profonde implicazioni socio-politiche delle dispute dottrinali che si estendevano ben oltre i dibattiti teologici.

L’Eredità e la Rilevanza Attuale del Corpus Domini

La solennità del Corpus Domini, nata per affermare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia in un contesto di dubbi teologici e miracoli, si è consolidata grazie all’impegno di figure chiave come Santa Giuliana di Cornillon e l’autorità di Papa Urbano IV, con il fondamentale contributo teologico e liturgico di San Tommaso d’Aquino. La sua data mobile, sebbene adattata in alcuni contesti nazionali per ragioni pastorali, mantiene un legame profondo con il ciclo pasquale e la celebrazione della Santissima Trinità.

Nonostante le dispute storiche e le variazioni nelle pratiche celebrative, come le infiorate e le processioni con ostensione del Santissimo Sacramento, il Corpus Domini rimane una festa centrale che invita i fedeli all’adorazione e alla meditazione sul mistero eucaristico. Essa continua a richiamare alla “santità personale” e alla “dedizione al Signore”, spingendo i cristiani a testimoniare la fede nel mondo e a “collocare Cristo al vertice di tutte le attività umane”. La sfida attuale per le comunità cristiane è conservare e trasmettere il significato profondo di questi segni religiosi, conferendo loro un senso di fede profonda e inserendoli in una dimensione cristiana comunitaria e continua, al di là delle manifestazioni esteriori che possono sembrare superate.

Questa evoluzione nell’interpretazione e nella celebrazione del Corpus Domini indica una transizione dalla difesa dogmatica alla devozione personale e all’impegno sociale. Mentre le sue radici storiche sono saldamente ancorate alla difesa dottrinale e all’affermazione pubblica (come si evince dalle prime processioni), la sua rilevanza contemporanea si estende al favorire una vita spirituale più profonda e personale e all’ispirazione all’azione sociale. La festa serve non solo come affermazione di una verità teologica, ma anche come catalizzatore per la trasformazione individuale e la missione collettiva, dimostrando la capacità duratura delle pratiche liturgiche di adattare la propria enfasi pur mantenendo il loro significato centrale. Ciò riflette un movimento da un’affermazione puramente esterna, pubblica e spesso conflittuale a un impegno più interno, esistenziale e trasformativo con il mistero eucaristico, esortando i credenti a vivere la propria fede nel mondo.

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