Il Radar si era fatto promotore insieme a Eleonora Evi e Marco Furfaro del Pd e a Natalya Gera di Intensive21 e al dottor Franco Berrino di una proposta di legge mirata a ridurre il consumo degli zuccheri e a rendere l’alimentazione di giovani e meno giovani maggiormente consapevole, al fine di tutelare la propria salute anche a tavola.
Nel 2024 io, direttore del Radar, ebbi il piacere e l’onore di intervistare Natalya Gera non in merito alla sua attività imprenditoriale ma espressamente sui consigli che ella impartiva a coloro che sui social guardavano saltuariamente o regolarmente i suoi video. In quella occasione con Natalya e Federica – amica e stretta collaboratrice di Natalya – nacque un’intesa, come se ci conoscessimo da mesi se non anni. Fu complice anche la mia collaboratrice al Radar Loredana Tuccillo che aveva organizzato l’intervista e preso i contatti iniziali. A margine dell’intervista, così, più come idea che come proposito, chiesi a Natalya “non pensi che sarebbe bello se ci fosse una legge che regolamentasse o quantomeno informasse circa il consumo degli zuccheri?” e lei rispose subito “sarebbe bellissimo”. Parlando, ci scambiammo i numeri telefonici personali e decidemmo di sentirci dopo qualche settimana. La prima stesura degli articoli della proposta fu fatta personalmente da me e non si tratta di uno stratagemma del Pd per insabbiare il quorum mancato l’8 e 9 giugno. Del resto non ci sarebbero stati i tempi tecnici per presentare la proposta di legge e organizzare la conferenza stampa e implementare quella che sarebbe stata una strategia sciocca e inefficace, ma torniamo a noi. A intervalli di 3 o 4 settimane ci sentivamo con Natalya e con una sua collaboratrice legale, per cercare di migliorare il testo, salvo poi l’abbandono di quest’ultima per motivi personali. Fu utile il fatto che io avendo conseguito 2 lauree, una delle quali in Scienze Politiche, avevo potuto studiare diritto pubblico e diritto parlamentare con particolare riferimento al Regolamento della Camera dei Deputati e alla Legge 352 del 1970, quella che tra le altre cose regola i referendum, ma dà anche attuazione all’articolo 71 della Costituzione che garantisce, al secondo comma, l’iniziativa legislativa popolare.
Eravamo pronti a iniziare la raccolta firme ma con Natalya ci rendemmo conto che dal punto di vista del tempo, ne sarebbe occorso molto. Decidemmo quindi di ricorrere sempre all’articolo 71 ma al primo comma che prevede che l’iniziativa legislativa è di qualsiasi membro delle due Camere. L’onorevole Eleonora Evi, già impegnata sulla battaglia dei farmaci per la cura della FIP, che personalmente ringrazio anche per questo avendo diversi amici felini, accettò di leggere, integrare ed eventualmente presentare il testo da noi scritto. Peraltro io stesso, conoscendo regolamento e iter in esso previsti, ero consapevole che le Commissioni che avrebbero esaminato il testo avrebbero potuto emendarlo – qui emendarlo è inteso in riferimento all’etimologia, migliorare – in qualche modo, con modifiche, soppressioni, aggiunte. Fu così che ci ritrovammo tutti alla galleria dei presidenti alla Camera dei Deputati.
Ma il problema dei detrattori non è l’educazione alimentare
La sugar tax. Si è un argomento spinoso. Nel testo iniziale avevamo valutato entrambe le versioni. Da un lato non volevamo che i produttori si sentissero “minacciati” dall’obbligo di dover versare pochi centesimi. Un onere non per l’entità economica che i lettori potrebbero facilmente valutare come irrisoria, ma proprio per non sentirsi “oppressi”. Sappiamo che negli ultimi decenni va di moda l’espressione “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Del resto da imprenditore e conoscitore delle attività produttive e dei servizi so che i costi sulle imprese, nonostante i guadagni e alcuni disonesti che evadono, sono sempre molto alti.
Dall’altro lato però chi ha inserito il riferimento, peraltro già previsto da una precedente legge, si rendeva conto che era necessario, in qualche modo, creare un deterrente, un disincentivo, se non altro per incoraggiare i produttori a inserire meno zuccheri nei prodotti. Dato che la sugar tax era già codificata nella legge di bilancio 2020, nel testo dell’attuale proposta, in seguito alle modifiche, fu inserita anche questa. Va precisato che parlando di grammi di zucchero al litro, la tassa sarebbe corrisposta esclusivamente sulle bevande e non sugli altri prodotti zuccherati. Non solo, una bevanda che contiene oltre 18 grammi di zucchero al litro, pagherebbe appena 15 centesimi. È questa la massima maggiorazione alla quale si potrebbe andare incontro. La tassa, come detto, era pensata già nella legge 160 del 2019 – peraltro citata anche dai detrattori di questa proposta – che al comma 665 prevedeva degli “scaglioni”. Si, il termine scaglioni non si usa solo per l’Irpef, ma nella lingua italiana si riferisce citando Treccani a “Ciascuno dei gruppi in cui è diviso un insieme”. Aggiungiamo poi, che scaglionare le diverse aliquote quando si parla di fisco è un dovere costituzionale sancito dall’articolo 53. Un costituzionalista direbbe che la progressività del sistema tributario è altra materia. Vero, ma è più bello evitare di fingersi scandalizzati senza assimilare tutti gli scaglioni all’Irpef. Del resto, per quanto io personalmente abbia stima del Presidente del Consiglio dei Ministri, che dirige la politica del Governo ma non la determina così come sancito dall’articolo 95 della Costituzione, non ci scandalizziamo – io per primo non mi scandalizzo e sono consapevole della necessità politica – di pagare un’accisa per la guerra in Abissinia, introdotta da un Regio Decreto Legge quasi 90 anni fa. L’Italia nel frattempo è diventata una Repubblica, lo Statuto Albertino non c’è più, al suo posto c’è la Costituzione della Repubblica Italiana, ma paghiamo una tassa introdotta da un atto del re per una guerra terminata da decenni con l’articolo 11 della Costituzione che specifica che l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa. Non mi scandalizza, ma mi dispiace. Certo zuccheri a parte avremmo tutti bisogno di dolcezza.
L’Italiano s’è desto
Una battuta lessicale. Un amico mi chiedeva perché il prodotto con una certa soglia di zuccheri è dichiarato “super zuccherato” e non “prodotto ad altissimo rischio glicemico“. Ebbene la risposta potrebbe essere nella faziosità dei detrattori che fanno la stessa domanda, ma una domanda merita una risposta reale. Fui io a scrivere “super zuccherato”. La parola super che è di origine classica e non un neologismo anglosassone, è usata da anni per definire i super alcolici. Definire un prodotto super zuccherato rende bene l’idea al consumatore e la rende rapidamente. Non è l’unico vantaggio. Super è un’espressione chiara anche a coloro che per scelta o necessità hanno potuto frequentare solo la scuola dell’obbligo. Sono persone che meritano rispetto in ogni caso e ogni aspetto della vita sociale. Infine, lo zucchero non è solo causa di glicemia e non tutte le glicemie sono causate dallo zucchero.
Infine, ma questo può apparire fuori contesto, per bilanciare qualcosa di acido si dovrebbe usare una sostanza basica come il bicarbonato di sodio, non una sostanza dolce come lo zucchero.
La crisi ideologica dell’informazione
Mi dispiace che l’informazione segua la crisi di una larga parte della politica divenendo terreno di perenne scontro, con poca dialettica e dibattiti che sono baruffe e che abbia perso, in larga parte, o forse del tutto, la capacità di stimolare un confronto costruttivo, di scambio di idee, opinioni e proposte. Dispiace che informazione e politica degenerino troppo spesso nelle offese. Mi fa male come cittadino rispettoso delle Istituzioni e della Patria prima che come giornalista.
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