Oggi, 29 settembre, la Chiesa cattolica celebra San Michele Arcangelo, una delle figure più significative della spiritualità cristiana e uno dei santi più venerati nell’Italia meridionale. La festa dell’Arcangelo guerriero non è solo un momento di devozione religiosa, ma anche l’occasione per riflettere su un culto che affonda le sue radici nella storia medievale italiana e che ha trovato una particolare espressione nella protezione delle forze dell’ordine moderne.
Le Origini del Culto Micaelico in Italia
Il culto di San Michele Arcangelo giunse in Italia attraverso diverse tradizioni, ma furono i Longobardi a dargli quella dimensione particolare che ancora oggi caratterizza l’Italia meridionale. Questo popolo germanico, convertitosi al cattolicesimo dopo il loro stanziamento in Italia (568) e completata la conversione durante il regno di Cuniperto (688-700), riservò una venerazione speciale all’arcangelo Michele, riconoscendo in lui le virtù guerriere un tempo adorate nel dio germanico Odino. La trasformazione fu straordinaria: nella figura di Michele, l’angelo che difende “spada in pugno la fede in Dio contro le orde di Satana”, i Longobardi riconobbero le virtù di Odino, dio della guerra e protettore degli eroi. Non si trattava di una semplice sostituzione religiosa, ma di un vero processo di integrazione culturale che arricchì entrambe le tradizioni.
Monte Sant’Angelo: L’Epicentro del Culto
L’epicentro del culto micaelico presso i Longobardi fu il santuario del Gargano, dove secondo la tradizione San Michele apparve per la prima volta nel 490 d.C. in una grotta sul Monte Drion. Le apparizioni, tramandate dalla leggenda, videro l’Arcangelo manifestarsi a un ricco possidente di nome Elvio Gargano, che aveva smarrito il suo toro più bello ritrovandolo poi inginocchiato all’ingresso di una grotta misteriosa. Il santuario, che esisteva prima dell’arrivo dei Longobardi ma fu da questi adottato come santuario nazionale a partire dalla loro conquista del Gargano nel VII secolo, divenne rapidamente il principale centro di culto dell’arcangelo dell’intero Occidente. Dal 650, quando l’area garganica entrò a far parte dei domini longobardi sotto il Ducato di Benevento, il culto si irradiò in tutto il regno longobardo, rendendo l’arcangelo guerriero il santo patrono dell’intero popolo.
L’Eredità Normanna
Con la caduta del Regno longobardo nel 774, il santuario conservò la sua importanza, e quando arrivarono i Normanni nell’XI secolo, questi nuovi dominatori divennero presto devoti all’Arcangelo Michele. La continuità del culto micaelico sotto i Normanni dimostra quanto profondamente questa devozione si fosse radicata nel tessuto culturale dell’Italia meridionale. I Normanni non solo mantennero il culto esistente, ma contribuirono a espanderlo ulteriormente. Significativo è il legame che si creò tra Mont Saint-Michel in Normandia e la grotta di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo. Questo collegamento non fu casuale: la Chiesa normanna, trovandosi sprovvista di reliquie a causa delle incursioni vichinghe, si rivolse a devozioni come quella dell’Arcangelo Michele che non necessitavano dell’esistenza di resti corporei.
La Via Sacra dei Longobardi
Il santuario garganico divenne una delle principali mete di pellegrinaggio della cristianità, tappa della Via Sacra Langobardorum che conduceva in Terra Santa. Questo percorso collegava i tre principali luoghi sacri dell’epoca dedicati all’arcangelo: partiva da Mont-Saint-Michel in Normandia, passava per la Sacra di San Michele in Val di Susa e giungeva fino a San Michele sul Gargano. La Via Micaelica, come viene anche chiamata, rappresentava un itinerario unitario lungo l’antica Traiana da Benevento al Gargano che, insieme al Cammino di Santiago di Compostela e alla Francigena, costituiva una delle direttrici viarie più importanti di pellegrinaggio del Medioevo.
San Michele Arcangelo e la Polizia di Stato
Il legame tra San Michele Arcangelo e le forze dell’ordine moderne ha una data precisa: il 29 settembre 1949, quando Papa Pio XII proclamò ufficialmente l’Arcangelo patrono e protettore della Polizia di Stato. La scelta non fu casuale, ma derivò dalla “naturale assonanza con la missione assolta, con professionalità ed impegno, da tutti i poliziotti chiamati ogni giorno ad assicurare il rispetto delle leggi, l’ordine e la sicurezza dei cittadini”. La motivazione profonda di questa scelta risiede nel riconoscimento di San Michele come “il più potente difensore del popolo di Dio, del bene contro il male”. La “lotta” che il poliziotto combatte quotidianamente al servizio dei cittadini per tutelare l’ordine pubblico e l’incolumità delle persone trova così un parallelo spirituale nella battaglia che l’Arcangelo conduce contro le forze del male. La tradizione racconta che già dal 1870 la stanza dei Questori di Roma era adornata di una pregevole copia del quadro di Guido Reni raffigurante San Michele nell’atto di sconfiggere l’angelo del male. Questo testimonia come la devozione all’Arcangelo fosse già sentita dalle forze di polizia anche prima del riconoscimento ufficiale papale.
Altri Corpi Protetti da San Michele Arcangelo
San Michele Arcangelo non è solo patrono della Polizia di Stato. La sua protezione si estende anche alla Gendarmeria Vaticana, istituita nel 1816 e composta da circa 150 gendarmi che, insieme alle Guardie Svizzere, si occupano della sicurezza del Papa e dello Stato Vaticano. Particolarmente significativo è il ruolo di San Michele come patrono dei paracadutisti. Il 17 giugno 1955, la Congregazione dei Riti rispose positivamente alla richiesta avanzata dall’Ordinario Militare, proclamando ufficialmente “San Michele Arcangelo Patrono dei militari paracadutisti presso Dio, con tutti i relativi diritti liturgici”. La richiesta era stata motivata dal fatto che “gli ardimentosi giovani sempre che balzano dagli apparecchi nella vastità del cielo; sospesi ad un fragile panno di seta, sentono più spiccatamente il bisogno dell’Aiuto Celeste”. La devozione micaelica si estende oltre i confini nazionali: San Michele è patrono della polizia austriaca e svizzera, protettore dei paracadutisti francesi, e venerato dalle forze armate di numerosi paesi. Anche i Vigili del Fuoco si affidano, oltre che a Santa Barbara anche all’Arcangelo, che con la sua spada di fuoco divino protegge chi combatte le fiamme per salvare vite.
Un Culto Radicato nel Territorio
Il culto di San Michele ha lasciato tracce profonde nel territorio italiano. Più di sessanta località italiane, tra cui Cuneo, Caserta, Alghero, Albenga e Vasto, lo venerano come santo patrono. Numerose chiese furono edificate in suo onore durante l’epoca longobarda: dalla basilica di Pavia, capitale del regno longobardo, distrutta da un incendio nel 1004 e ricostruita in forme romaniche, fino al celebre Tempietto longobardo di Cividale, dove Cristo è raffigurato tra gli arcangeli Michele e Gabriele. La diffusione del culto micaelico testimonia quanto profondamente questa devozione si sia integrata nella cultura italiana, diventando un ponte tra l’eredità germanica dei Longobardi, la tradizione cristiana e le esigenze spirituali della società moderna. La figura di San Michele Arcangelo rappresenta un esempio straordinario di come la storia, la spiritualità e la tradizione si intreccino nella cultura italiana. Dal culto longobardo del VII secolo alla moderna protezione delle forze dell’ordine, l’Arcangelo guerriero continua a incarnare i valori di giustizia, protezione e difesa del bene comune che animano coloro che hanno scelto di servire la comunità. Il 29 settembre, quando risuonano le campane in onore di San Michele, non celebriamo solo una festa religiosa, ma rinnoviamo la memoria di un patrimonio culturale che unisce le radici medievali dell’Italia meridionale con l’impegno quotidiano di chi oggi indossa l’uniforme per proteggere e servire.
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